4. LE NUOVE MUSEO DEL CARCERE – TORINO

Il gruppo di giovani che fa parte del progetto “Cultura&Bellezza” ha scelto come quarto museo da visitare:

MUSEO DEL CARCERE LE NUOVE – TORINO

Riuscire a raccontare questa esperienza risulta essere più complicato del previsto, ripensare a ciò che senti e che vedi all’interno di quel museo non è semplice.

Le Nuove ti lasciano un po’ il cuore vuoto e il cervello pieno di domande.

La guida che ci ha accompagnato in questo viaggio nelle Nuove ci ha colpito molto, è stato paziente nel raccontare una storia così complessa a dei ragazzi, ci ha lasciato il nostro spazio per riflettere senza metterci fretta. Una cosa che ho apprezzato molto è stata proprio l’organizzazione della visita, un’introduzione storica, un’introduzione della parte che si stava per visitare e poi il tempo necessario per vedere i luoghi e gli spazi in autonomia; in quei momenti di autonomia calava il silenzio, nessuno parlava, ma riuscivi a sentire il dolore e l’ingiustizia entrarti nell’anima.

Il pensiero che ti lascia questo museo è di ingiustizia, di amarezza e tristezza, per quanto mi riguarda trovo incredibile che nella mia città siano capitate cose del genere, morte.

Una quantità di uccisioni indefinita, SENZA ALCUN MOTIVO. Giovani della mia stessa età uccisi, giovani della mia stessa età che stavano combattendo per un’ Italia più giusta.

Consiglio sicuramente la visita di questo museo, ma bisogna avere uno stomaco forte, soprattutto per l’ultima parte dove l’emozione diventa incontenibile, dove capisci la crudeltà del genere umano, lì, quelle celle sono state l’ultimo posto che i giovani condannati hanno visto, dove hanno scritto le loro ultime parole, per i loro cari, che quando vai a visitare il museo si leggono, proprio in quelle celle, fredde.

Giorgia Riccobono

Sabato 26 Ottobre il sole splendeva e per essere autunno inoltrato il caldo dei raggi del sole si faceva sentire, tra noi c’era un clima sereno e gioioso e non sapevamo cosa ci avrebbe aspettato poco dopo.

Si presenta Simone, la guida che ci “terrà prigionieri” per un paio d’ore: ci accompagna verso l’entrata del museo facendoci costeggiare il muro d’ingresso zeppo di fotografie di ragazzi giovani e giovanissimi morti all’interno del carcere, ci fa vedere la pianta dell’edificio e ci fa entrare nel “vivo” del carcere facendoci aprire e chiudere le porte che trovavamo lungo il nostro cammino per farci immedesimare in quello che potevano sentire i carcerati.

Il primo braccio che incontriamo è quello femminile, dove ci racconta di Suor Giuseppina: donna forte e determinata che riuscì a salvare molte famiglie, donne e bambini dai viaggi verso i campi di concentramento.

Iniziano ad intrecciarsi storie e aneddoti particolari che culminano quando una signora spunta da un angolino raccontandoci la sua personale esperienza con Suor Giuseppina, è stato un momento inaspettato e pieno di commozione che scoppiò in un applauso sentito da parte di tutto il gruppo.

La parte che più mi ha toccata è stata quella finale in cui siamo scesi nelle sotterranee e con silenzio siamo entrati nel corridoio dal quale si potevano vedere le celle dei condannati a morte: dentro ad ognuna c’era uno schermo che riportava le parole delle lettere degli uomini che il cappellano destinava poi alle famiglie.

È stato un momento di solenne silenzio in cui emozioni diverse si mescolavano.

Poi siamo usciti e il clima sereno e tranquillo presente qualche ora prima era svanito: c’erano solo tante domande in un vortice di emozioni.

Volevo ringraziare Abbonamento Musei per aver dato la possibilità di costituire il gruppo “Cultura&Bellezza”, il museo del carcere Le Nuove per la disponibilità, Simone per essere stato una guida impeccabile e i ragazzi per far parte del gruppo.

Giorgia Di Fazio

 

SENTI CHE MUSEO:
Il museo del carcere Le Nuove è da visitare con il cuore aperto e gli occhi bassi.

Per noi suona così :

“Mama, uuuh

mamma, uuuh

Didn’t mean to make you cry

Non volevo farti piangere

If I’m not back again this time tomorrow

Se non ritornero a quest’ora domani

Carry on, carry on

Vai avanti, vai avanti

As if nothing really matters

Come se niente importasse davvero

Too late, my time has come

Troppo tardi, il mio tempo è scaduto

Sends shivers down my spine

Mi manda i brivi lungo la schiena

Body’s aching all the time

Mi fa continuamente male ovunque

Goodbye, everybody, I’ve got to go

Addio, tutti quanti, io devo andare

Gotta leave you all behind and face the truth”

Devo lasciarvi tutti alle spalle e affrontare la verità

 

I PENSIERI DEI RAGAZZI:

“Io chiedo quando sarà

Che l’uomo potrà imparare

A vivere senza ammazzare

E il vento si poserà

E il vento si poserà

E il vento si poserà…” (Guccini – “Auschwitz”)

Nelle carceri Le nuove, il vento non si è ancora fermato: un vento di morte, ora trasformato in un vivido ricordo, si imprime nella nostra persona, dopo aver visitato il complesso a distanza di 150 anni dalla sua apertura, nel centro di Torino.

Grazie alla bravura della guida, e alle parole della superstite che ci parla all’interno del carcere, riusciamo a tornare in un contesto di cui sappiamo troppo poco: le fredde celle studiate per un detenuto, alle volte adattate per dieci, ambienti umidi, letti per le torture, cibo scadente.

Durante la visita, a momenti di spiegazione, sono stati alternati spazi, dove abbiamo avuto la possibilità di visitare autonomamente questi ambienti, dove abbiamo potuto osservare oggetti appartenuti ai detenuti, e targhe che ci raccontano le loro storie.

Proprio in questi momenti di silenzio riusciamo ad immergerci nel vero contesto che ci suggestiona, stabilendo così un contatto con il passato.

Quest’esperienza mi aveva toccato molto già la prima volta, tanto da ricordarmi ancora a distanza di otto anni delle lettere scritte dai condannati.

Questo carcere è diventato una “fabbrica della morte”, soprattutto nel periodo fascista, in cui un intero braccio della prigione era gestito dalle SS, che torturavano ebrei e partigiani, alcuni molto giovani, i cui volti possono essere visti in molteplici foto, presenti su un muro all’inizio della visita.

Ed è proprio dalla loro morte, che dobbiamo trarre insegnamento, non lasciando vanificare il loro sacrificio, ma mantenendo viva la memoria, donando loro nuova vita.

Matteo S.

 

È difficile dire cosa si prova dopo aver visitato l’ex-carcere Le nuove di Torino.

La sensazione che ho avuto alla fine del percorso è stata la voglia di rimanere in silenzio, con i propri pensieri. L’esperienza in carcere è qualcosa di molto lontano da noi, il vivere in cella, in certi casi crescerci se hai una madre incarcerata. È stato difficile per me immaginare il caos all’interno di quelle mura, e le torture effettuate dalle ss nel braccio a loro dedicato dal ’44 al ‘45. Forse è più facile accettare l’dea del carcere se chi è dentro sta scontando una pena per un crimine commesso, ma il carcere le nuove non racconta solo la storia di criminali. Quello che ti lascia questa mostra è un profondo senso di umanità, di cosa ci rende liberi. Anche solo l’idea di come fu concepito il carcere nell’Ottocento e come fu invece realizzato, la consapevolezza che l’isolamento porti alla pazzia, l’idea di considerarsi superiori, migliori, solo perché in carcere non ci siamo mai stati.

Certi nomi, ricordati fin dall’inizio della mostra, erano per me solo vie della città. Il lavoro fatto dall’associazione Nessun uomo è un isola (spero sia giusto) è enorme per la portata emotiva e la riflessione che ne consegue. Ringrazio la nostra guida volontaria, Simone, per le storie che ha saputo raccontare, gli aneddoti che ha raccolto, per tutte quelle persone che hanno bisogno di essere ascoltate e non dimenticate. Molte efferatezze sono state compiute e lasciate nell’oblio. Alla fine del percorso rimane la voglia di stare in silenzio forse anche solo per rispetto: cosa puoi dire di chi ha sofferto ingiustamente o è stato condannato a morte senza neanche il saluto ai propri cari?

Ecco, forse proprio perché in carcere non ci siete mai stati, io vi consiglio di visitare Le Nuove.

Alessandra M.

 

La visita al carcere Le nuove per me è stata un’esperienza davvero toccante che mi ha portato a riflettere su molti temi tra cui il coraggio, l’amore per la patria e le atrocità subite dai prigionieri durante la seconda guerra mondiale.

La guida Simone che fa parte dell’associazione di volontariato Nessun uomo è un’isola, è stata competente e coinvolgente, in grado di riassumere diversi contesti storici in modo conciso e raccontare esperienze toccanti con rispetto e passione.

Il carcere, rimasto in funzione fino al 2003, è stato come un microcosmo assestante, una città nella città, durante moltissimi anni nodali per l’Italia e per il mondo, ha impresso nei suoi muri 150 anni di storia ed oggi è una testimonianza vivida ed attendibile di un passato che è necessario conoscere per comprendere al meglio il nostro presente.

In particolare il museo offre molti spazi di riflessione: dalle celle nella sezione tedesca dove coraggiosi partigiani e militari hanno sopportato torture in nome della libertà, alla sezione dove transitavano intere famiglie di ebrei che poi venivano condotti nei campi di concentramento, ma anche esempi positivi come la storia di Suor Giuseppina che salvò decine di bambini e madri dalla morte.

Sicuramente la parte più toccante per me è stata la visita alla sezione dei condannati a morte, situata nel seminterrato; il luogo è stato organizzato con il massimo rispetto per le vittime, dando inoltre ai visitatori la possibilità di leggere direttamente le ultime parole dei condannati scritte ai loro cari, in un perpetuo dialogo con il nostro presente, in cui i loro insegnamenti sono da monito alle nostre generazioni.

Elisa C.

 

Il museo Le Nuove mi ha colpito tanto: mentre visitavamo le celle dei detenuti mi sembrava di rivedere realmente le persone imprigionate in quei luoghi e con loro anche le sofferenze che hanno provato. È un posto che esprime in tutto e per tutto il dolore e le ingiustizie patite da coloro che si trovavano lì nonostante la loro innocenza.

Il freddo presente in quelle celle, soprattutto avvicinandosi a quelle di isolamento, ti davano ancora di più la sensazione di quanto fossero lugubri e bui quei posti dove purtroppo molte persone persero la vita e la dignità.

Sono stata colpita da molte emozioni ed è stato tanto suggestivo soprattutto quando abbiamo letto le ultime lettere dei detenuti prima di incontrare la morte.

Isabella T.

 

È stata una visita molto toccante, credo, per tutti ma è anche tra le più necessarie delle visite che si possono fare con l’abbonamento. Soprattutto per noi che frequentiamo Torino con assiduità quotidiana è destabilizzante attribuire questa parte di storia a luoghi che vengono nominati durante la visita.. e allora Porta Nuova diventa un porto sicuro e corso Vinzaglio bacino di tragedie legalizzate.

Ovviamente quando parlo di questa parte di storia mi riferisco al ventennio fascista che a noi sembra sempre troppo lontano sia come luoghi fisici che come contesto storico.

È impressionante arrivare e vedere volti di uomini che proprio lì, loro malgrado, ci sono stati e spesso anche morti, è impressionante soprattutto scoprire che la maggior parte di loro erano più giovani di me.

Sono conservati macchinari e strumenti che ci parlano di un periodo meno recente che indubbiamente sono importantissimi per quei luoghi proprio perché ci aiutano a collocare nel tempo quello spazio e soprattutto ci parlano delle attività e degli avvenimenti che scandivano la vita nel carcere.

Ma quello che ancora di più mi ha commossa è vedere in quell’ambiente, che definire ostile è un eufemismo, oggetti di marchi ancora in commercio che mi fanno pensare oltre che alla quotidianità della vita dei detenuti anche alla mia e questa vicinanza si fa sempre più palpabile.

L’intervento della volontaria che ha parlato della sua esperienza personale è stato prezioso, non c’è differenza fra me e lei, forse è questo che la società fa fatica a tenere a memoria.

Questo museo è esemplare per la cura e il rispetto che gli addetti volontari hanno nei suoi riguardi.

Certo sarebbe bello che il lavoro svolto egregiamente da questa associazione venisse retribuito e che a questa struttura, che si fa carico di memoria e consapevolezza, venisse riconosciuta la sua importanza.

Questa visita secondo me non è per persone impegnate o di cultura.

Si parla di umanità ed è per tutti.

Francesca C.

 

È stata un’esperienza unica, molto forte e anche molto triste.

Il fatto che in quel carcere ci siano stati crimini di guerra nei confronti di persone oneste che non dovevano morire mi sembra incredibile.

La cosa che mi ha colpito di più è stato vedere le tombe e le frasi di ragazzi giovani, anche più di me, morti per un ideale senza avere la certezza di vederlo realizzato.

Omar C.